Francesco Tironi
(Venezia, 1745 – 1797)
Paesaggio fluviale con mandriani
Paesaggio fluviale con torre antica
La bellissima coppia di ameni paesaggi fluviali, allietati da graziosi borghi popolati e impostati tra frondose quinte arboree vivacemente picchiettate, è un rarissimo e prezioso esempio dell’attività paesaggistica di Francesco Tironi, un disegnatore e artista di valore la cui produzione pittorica è sostanzialmente volta a vedute e paesaggi di Venezia, felice incontro con la frenetica richiesta di collezionisti e raffinati conoscitori stranieri. La morte di Francesco avvenuta nel 1797 coincide con l’anno della caduta di Venezia e permette di stimare l’artista come l’ultimo esponente della gloriosa storia del Vedutismo durante la Repubblica Serenissima1.
La sua produzione pittorica fu poco corposa: le vedute compaiono sporadicamente sul mercato antiquario, dove più spesso affiorano opere stilisticamente affini ma di qualità scadente, attribuibili piuttosto ad imitatori o seguaci. L’unica opera documentata dell’artista era nel passato costituita dalla serie di bellissimi disegni preparatori per la raccolta di 24 acqueforti raffiguranti isole della laguna di Venezia che furono incise da Antonio Sandi e che vennero pubblicate, senza indicazione dell’editore, intorno al 17852.
Questa serie di disegni, di cui alcuni sono conservati nel Museo dell’Albertina a Vienna, altri nella National Gallery di Washington, nella Robert Lehman Collection, al Metropolitan Museum of Art di New York e in varie collezioni private, dimostra chiaramente come lo stile di Tironi si caratterizzi per un gusto eclettico, inizialmente affascinato dalla smagliante pittura di Canaletto, ma che nella tarda maturità affiancò un’indole sentimentale preromantica, tendenzialmente affine alla maniera sinteticamente espressiva e al modello ideale della visione elegiaca e instabile di Francesco Guardi, forse con l’intento di assecondare la richiesta collezionistica di opere del grande maestro scomparso nel 1793.
Vari artisti e colleghi veneziani, tra cui Canaletto, Bellotto, Guardi, Cimaroli, Costa, Domenichini, temporaneamente allontanati dalla luminosa e unica città lagunare, si erano spinti lungo la riviera del Brenta per raffigurarla in suggestive immagini che ci restituiscono l’idea della perduta poesia di quei luoghi, terra di delizie estive dei patrizi veneti.
Le ampie riprese panoramiche della coppia di paesaggi testimoniano come a tale fascino non era rimasto insensibile neanche Tironi.
Sotto il profilo iconografico le due tele, pur ricordando i modi di Giovanni Battista Cimaroli e di Giuseppe Zais, sono del tutto originali e di notevole impatto visivo: nota caratteristica del maestro sono le spigliate macchiette che animano i paesaggi contribuendo a scandire la profondità della ripresa prospettica, avvallata e delicatamente sfumata nei profili dei monti lontani.
Nello spazio della tela, come fosse un paesaggio contemplato dalla finestra, gruppetti di mandriani riposano, sorvegliano il bestiame o attingono all’acqua; qualche donna trasporta un cesto appoggiando il peso sul capo; alberi affusolati crescono indisturbati; antichi ponti intralciano lo scorrere mite e paziente del fiume.
Databile intorno al 1770, il bellissimo pendant costituisce un’importante documentazione e un significativo contributo alla conoscenza dell’attività di Francesco Tironi nel genere della pittura di paesaggio.
Olio su tela,
cm 82 x 63,5h
Expertise: prof. Dario Succi
Bibliografia di riferimento:
1 D. Succi, Francesco Tironi, Ultimo vedutista del Settecento Veneziano, Edizioni della Laguna, Pordenone, 2004;
2 D. Succi, La Serenissima nello specchio di rame, 2013, vol. II, pp. 914 – 927.