L'Ascensione di Cristo Francesco Guardi

Francesco Guardi

(Venezia, 1712 – 1793)

L'Ascensione di Cristo
Una densa materia cromatica colpeggiata con breve tocco guizzante e risolta con immediatezza espressiva caratterizza il vibrante pathos di questo ovale inedito come opera di Francesco Guardi, l’ultimo ed insuperabile interprete della grande stagione pittorica del Settecento veneziano.
Da Giotto a Rembrandt, passando per Mantegna e Tintoretto, sono molti i maestri che nel corso dei secoli hanno dedicato la propria tela al tema sacro del ricongiungimento di Cristo al Padre. L’Ascensione, insieme alla Pasqua e alla Pentecoste, è tra le solennità nodali del calendario ecclesiastico e celebra il momento in cui, secondo gli Atti degli Apostoli, quaranta giorni dopo la Resurrezione nel monte degli Ulivi presso Gerusalemme, Dio aprì un tratto della volta celeste per accogliere il Figlio, che abbandonò la dimensione umana in cui si era calato per recuperare quella unicamente divina.
L’opera, costruita ingegnosamente su due piani comunicanti e circoscritta in una mandorla di luce, è caratterizzata da una forte tensione espressionistica, evidenziata dal gesticolare degli Apostoli e dai moti di stupore e di incredulità: uno con le mani congiunte e lo sguardo al cielo rivela un profilo dai tratti tipicamente francescani; l’altro, incapace di sostenere la visione, copre il capo con un braccio. Meno definite sono le figure degli altri astanti, tranne quella dell’Apostolo a destra, evidenziata dalla macchia rossa del mantello, che abbassando lo sguardo incredulo al sepolcro leva una mano verso la figura di Cristo librata al cielo.
Il pathos della rappresentazione è affidato alla torsione e allo slancio dell’elevazione di Cristo, accompagnato dallo svolazzare della tunica bianca e del manto azzurro, definiti dall’andamento zigzagante e dalla pennellata guizzante con rialzi luminosi, che evocano nel gioco della luce la palpitante animazione psicologica della sacra composizione.
La tela inedita apparteneva probabilmente a una dispersa serie dei Misteri del Rosario: lo conferma la stretta affinità, compositiva e stilistica, con l’ovale di analogo soggetto facente parte del corpus integro delle quindici tele dei Misteri collocato sull’estradosso della nicchia centrale dell’altare della Madonna del Rosario della chiesa dedicata a San Tiziano, vescovo di Oderzo, a Goima di Zoldo Alto nel territorio bellunese1. Oggetto di furto nella seconda metà del Novecento, le tele furono recuperate e ricollocate nell’ubicazione originaria della nicchia e destra dell’altare della Madonna.
Come ricordava Giovanna Galasso2 “[…] La dimensione ridotta della superficie pittorica, che deprimerebbe un’impostazione prospettica in profondità delle scene, esalta invece la vaporosità dell’ambientazione [...] e il fascino dei Misteri del Rosario di Goima nasce appunto da questa mancanza di solidità e dalla facilità capricciosa e lieve come una piuma del loro stile”.
Lo storico dell’arte prof. Dario Succi osserva come le caratteristiche dei dipinti, in cui si riscontra ancora l’eco dell’influenza di Antonio Guardi, e il punto fermo costituito dall’atto di fondazione nel 1762 della Scuola del Santissimo Rosario, inducono a datare i dipinti nella prima metà degli anni Sessanta. L’evidente affinità stilistica che lega il nostro dipinto all’omologo della chiesa di San Tiziano, nonché alla conduzione di tutti i dipinti della serie bellunese, consente una datazione verso la metà degli anni Sessanta.
Francesco nacque a Venezia il 5 ottobre 1712 da Domenico e Maria Claudia Pichler, genitori di altri cinque figli, tra cui i futuri pittori Gianantonio (1699 – 1760) e Nicolò (1715 – 1786); e Maria Cecilia (1702 – 1779) che nel 1729 sposerà Giambattista Tiepolo. Originaria del paese di Mastellina nella Val di Sole in Trentino, la famiglia Guardi aveva ottenuto nel 1643 da Ferdinando III d’Austria, il riconoscimento del titolo nobiliare con il diritto di fregiarsi dello stemma. Verso il 1700, dopo aver studiato pittura a Vienna, Domenico Guardi si trasferì a Venezia dove entrò al servizio della famiglia Giovanelli, operando per lo più come copista di opere antiche. Alla sua morte nel 1716, il primogenito Gianantonio, appena diciassettenne, subentrò nella direzione della bottega, continuando l’attività di riproduzione del padre, dapprima al servizio dei Giovanelli e poi, dal 1729 circa, del feldmaresciallo Matthias von der Schulenburg, dal quale ricevette un regolare mensilità fino al 1745. Poco dopo la metà degli anni Venti, Gianantonio fu affiancato dal giovane Francesco i cui esordi come copista al servizio dei Giovanelli sono confermati da una postilla del testamento di Benedetto Giovanelli del 1731, nella quale si accenna ad un lascito relativo a “copie de’ Quadri […] fatte dalli fratelli Guardi”. Negli anni Trenta e Quaranta Francesco continuò ad affiancare il fratello Gianantonio, ma la prima opera di figura autonoma è documentata al 1738 quando eseguì la piccola pala della chiesa parrocchiale di Vigo d’Anaunia raffigurante L’apparizione dell’Angelo a San Francesco. Le peculiarità stilistiche di una serie di opere emerse negli ultimi decenni confermano la fase iniziale del vedutismo di Francesco alla fine degli anni Quaranta, connotata da una resa accurata del tessuto architettonico ma ancora priva della finitezza e della luminosità che caratterizzerà la serie di vedute di San Pietroburgo realizzata dopo il 1756.
Solo a partire da questa data il pittore dimostra di aderire alla lezione prospettica, cromatica e luministica di Canaletto. Nel decennio successivo l’artista trovò una personale ed inimitabile formula espressiva in dipinti che spiccano per l’originalità di tagli vedutistici e, con la scomparsa di Canaletto nel 1768, Francesco non ebbe più rivali divenendo il vedutista veneziano più ricercato dai collezionisti e dai conoscitori di tutta Europa. Nonostante l’indole artistica, indiscutibilmente più congeniale alla pittura di veduta, Francesco nel corso della sua lunga carriera non mancò di dedicarsi episodicamente a dipinti di figura realizzando sia opere di piccole dimensioni destinate alla devozione familiare, che composizioni più complesse tratte da vicende bibliche ed evangeliche, alcune pale d’altare, episodi riferiti ad eventi della storia antica, ritratti e scene d’interni3.

Olio su tela,
cm 12,5 x 16h (con cornice: cm 24 x 35h)

Expertise: prof. Dario Succi

Bibliografia:
1 D. Succi, Francesco Guardi, Catalogo dei dipinti e disegni inediti, Giorgio Mondadori, Milano, 2021, vol. II, pp. 18 – 19, fig. 26;

2 Il Flügelaltar e i Misteri del Rosario di Francesco Guardi, a cura di M. Pregnolato, in Tesori d’arte nelle chiese dell’Alto Bellunese, Val di Zoldo, Belluno 2005, pp. 147 – 155;

3 D. Succi, Francesco Guardi, Catalogo dei dipinti e disegni inediti, Giorgio Mondadori, Milano 2021, vol. I, pp. 298 – 327; vol. II, pp. 7 – 51.

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