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Coppia di tavolini in legni pregiati, osso e madreperla

I tavolini, lastronati in legno di ulivo, basano la loro opulentaI tavolini, lastronati in legno di ulivo, basano la loro opulentadecorazione su severi contrasti cromatici tra il bruno dellegno di palissandro, la luminosità del legno di acero e dellegno di tasso intarsiati che disegnano riserve mistilinee,foglie, racemi, gambi e il nitore della madreperla e dell’ossoche compongono il pistillo dei fiori e parte delle figure.La strabiliante decorazione e la precisa disposizione dell’intarsiosuggeriscono un’influenza fiamminga: durante il Seicento,nel territorio veneto e della Serenissima, approdanodalle Fiandre e dall’Olanda non solo pittori e scultori, maanche maestri del legno dediti alla realizzazione di arredichiesastici e privati. Ad oggi non esistono tracce di nomi,per cui non è possibile risalire ad una bottega ufficiale oad una precisa collaborazione tra maestranze fiamminghee venete. Nella Venezia di inizio secolo e nell’entroterrasono documentate però diverse manifatture ebaniste ingrado di soddisfare le richieste di questo tipo di mobilia: aquesto proposito, nell’inventario del 1713 redatto dopo lamorte del gran principe di Toscana Ferdinando de’ Medici,si trovano elencati arredi e cassettoni “alla veneziana”impiallacciati di ebano e intarsi in avorio e madreperla (1),le cui descrizioni richiamano alla mente questi analoghiarredi realizzati in Veneto tra la fine del Seicento e i primidecenni del Settecento. Alcuni comò di questo generecustoditi al museo Civico di Padova sono caratterizzati dauna tipologia dei fiori della medesima indubbia provenienzafiamminga, che riscontriamo nel decoro dei tavolini (2). Presentano un piano scoperchiabile e una fascia ribaltabile, sede di simmetriche infiorescenze; all’interno sono posti duePresentano un piano scoperchiabile e una fascia ribaltabile, sede di simmetriche infiorescenze; all’interno sono posti duecassettini per lato. I sostegni torniti in legno di frutto sono raccordati da una traversa sagomata. Il piano è ornato agli angolida quattro meravigliose riserve di turbinosi racemi e lucenti fiori; lungo il perimetro svolazzano una coppia di farfallee al centro dell’uno e dell’altro ta volino affiorano le figure mitologiche legate al mito di Asclepio e della dea Demetra.

Maestranze venete, Luigi XIV (fine del XVII secolo)
cm 60 x 76h x 83

Bibliografia:
1. E. Colle, Il mobile barocco in Italia, La Repubblica di Venezia, Electa, Milano, 2000, pp- 324-27;
2. C. Albericci, Il mobile veneto, Electa, Milano, 1980, pp. 119-23.

 

IL MITO DI ASCLEPIO
Secondo le parole del mito, il dio Apollo si innamoròSecondo le parole del mito, il dio Apollo si innamoròdella bellissima mortale Coronide e i due divenneroamanti. Un giorno la fanciulla, approfittando dell’assenzadi Apollo, si concesse ad un altro uomo, Ischi. Uncorvo, il cui piumaggio era originariamente bianco, notòl’infedeltà di Coronide e volò subito sull’Olimpo perspifferarlo ad Apollo. Il dio si scagliò immediatamentecontro l’uccello bianco e, accecato da un’irrefrenabilecollera, tinse per sempre le sue piume di nero. Subitodopo raggiunse la giovane donna e la colpì con una dellesue frecce, ma proprio in quel momento scoprì che portavain grembo suo figlio e decise di salvarlo. Alla piccolacreatura fu dato il nome di Asclepio ed egli fu subito affidatoalle cure del centauro Chirone, maestro nelle articurative. Asclepio divenne così un eccezionale guaritore,famoso in tutta la Grecia per la sua benevolenza e per lecure miracolose. Cercò sempre nuovi trattamenti e medicinaliper sollevare gli infermi dal dolore e dalle malattie,ma quando escogitò un modo per evitare la morte le sueazioni violarono le leggi enunciate da Zeus ed egli dovettefermarlo, colpendolo con uno dei suoi fulmini. Dopola sua morte, Asclepio fu onorato come un dio, favoleggiatonei racconti, rappresentato nelle arti e ricordatonella letteratura. La famosa verga di Asclepio, risalita daun serpente attorcigliato, è ancor oggi il simbolo dellaprofessione medica e insieme allo specchio e alla coronadi alloro compone l’iconografia legata al suo mito.

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IL MITO DI DEMETRA
Demetra, figlia di Crono e di Rea, è nella mitologia grecaDemetra, figlia di Crono e di Rea, è nella mitologia grecala dea della natura, della terra fertile, delle messi, delgrano e dell’agricoltura; è la curatrice del raccolto e laresponsabile del ciclo delle stagioni. L’iconografia, a partiredal IV secolo a.C., la vuole seduta in trono, coronatada un diadema di spighe e circondata da una natura floridae vivace. Dà le spalle ad un ramo, dal quale si calaun serpente, antico simbolo ctonio e arcaico legato alladea, la quale stringe tra le mani uno scettro di spighe.Secondo il mito, un giorno sua figlia Persefone venne rapitada Ade, il dio dell’Oltretomba di lei innamorato. Lamadre la cercò in lungo e in largo per molto tempo e perquanto la inseguisse non otteneva notizie del suo sequestro.Il Sole provò pena per quella madre così avvilita ele rivelò il nome del rapitore. Demetra, infuriata per iltradimento operato dalla sua stessa famiglia di olimpici,decise che la terra non avrebbe più dato i suoi frutti ei mortali avrebbero attraversato una disastrosa carestia,interrompendo i loro sacrifici agli dei. Zeus obbligò Adea rilasciare Persefone, la quale però aveva già mangiatoi semi del melograno, il frutto del regno dei morti ed eracostretta a farvi ritorno. Si giunse così ad un accordo: neimesi che la figlia di Demetra fosse stata prigioniera diAde, nel mondo sarebbe calato il freddo e la natura si sarebbeaddormentata, dando origine all’autunno e all’inverno;nei restanti mesi la Terra sarebbe rifiorita, dandoorigine alla primavera e all’estate.

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